NEW YORK- Il primo embargo anti-cubano fu imposto il 19 ottobre 1960, a due mesi dalla nazionalizzazione delle imprese americane decisa dal Fidel Castro. Era ancora una misura debole, le limitazioni agli scambi non riguardavano medicine né prodotti alimentari. Ma quando la Casa Bianca di John Fitzgerald Kennedy si convinse che la rivoluzione stava imboccando la strada totalitario e filo-sovietica, lasciando poche speranze per il capitalismo americano che appena pochi anni prima controllava 40 per cento della pruzione saccarifero cubana, 90 per cento dell'elettricità e 70 per cento delle importazione - senza contare casinò e bordelli - Washington decretò il blocco totale di tutto il commercio tra i due paesi.
Era il febbraio 1962: da allora il bloquéo è stato il simbolo, per i cubani, dei tentativi dell'imperialismo di soffocare i cambiamento socio-politici dell'isola caraibica. E per gli americani è stata l'arma principale di lotta al castrismo: un'arma che non ha dato i risultati sperati, tutt'altro, che ha provocato fratture con i paesi europei e latino-americani, ma che il governo degli Stati Uniti ha difeso con ostinazione, e anzi ha rafforzato su pressione della potente lobby cubana di Miami.
Nel 1992, in particolare, è stato approvato dal Congresso il "Cuban democracy act", che probisce alla consociate straniere di imprese americane di fare affari con Cuba, vieta ai cittadini americani di viaggiare nell'isola, che è a poche miglia da Key West, cioè dalla punta estrema della Florida, e blocca le rimesse degli emigranti cubani.
Nel 1996, subito dopo l'abbattimento a freddo nel cielo dell'Avana, da parte di due Mig di Castro, di un piccolo Cessna di esuli cubani, Bill Clinton ha firmato il "Cuban liberty and democratic solidarity act", un provvedimento che inasprisce ulteriormente l'embargo, penalizzando le imprese straniere che hanno affari con Cuba e consentendo a cittadini americani di far causa a investitori stranieri che utilizzino proprietà espropriate dal regime dell'Avana. Questa legge, che prende anche il nome dei due parlamentari che l'hanno presentata, Helms-Burton, è stata contestata dagli europei negli incontri bilaterali. La Casa Bianca ha sospeso, per prudenza, l'operatività di alcune norme, temendo ritorsioni e ricorsioni all'organismo ginevrino del commercio internazionale. Ma l'intera struttura giuridica dell'embargo è ancora in piedi.
Cambierà qualcosa dopo la visita di papa Giovanni Paolo II? Il pontefice, in una intervista sull'aereo dell'Alitalia che lo portava da Fiumicino all'Avana, ha chiesto la fine dell'embargo americano. Negli ultimi giorni anche una serie di parlamentari e esperti americani ha ripetuto, sui giornali e nelle televisioni, le critiche al bloquéo. "E' controproducente" ha tuonato il deputato democratico di Harlem, Charles Rangel: "Rafforza Castro invece di indebolirlo. E' una misura crudele con la popolazione e non scalfisce il potere del regime".
Per il momento[82] la Casa Bianca, il dipartimento di stato hanno dato segnali di voler cambiare nulla: ma è chiaro che ogni distensione tra Washington e L'Avana passerebbe inevitabilmente attraverso l'allentamento o la fine del blocco commerciale.