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Venezuela, funzionari di Cuba a capo dei gruppi paramilitari

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2014 11:22
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26/03/2014 11:22
 
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Comandano i collettivi armati. Controllano i flussi migratori. Gestiscono Internet. Il ruolo degli uomini de L'Avana.

Karina è una studentessa. Da oltre un mese, ogni giorno, scende in piazza per fare sentire la propria voce.
«Il Venezuela ha perso la sua sovranità», denuncia, «e le Forze Armate Nazionali Bolivariane (Fanb) hanno venduto la patria di Bolívar a un colombiano che ci ha consegnati a un paese in miseria come Cuba».
Il «colombiano» in questione è il presidente Nicolás Maduro che l’opposizione accusa di essere nato a Cúcuta e non a Caracas.
L'obiettivo di Karina è uno: fare cadere il suo governo. Certo, anche chiedere la fine della repressione in Venezuela, dire no alla censura di giornali e tivù, opporsi alla tessera di razionamento per fare la spesa e chiedere la liberazione dei tanti studenti arrestati.
LO ZAMPINO DEI FRATELLI CASTRO. Dopo 37 giorni di proteste e morti (31 il bilancio a oggi), oltre 500 feriti e più di 1.500 arresti tra cui molti dei leader e sindaci dell’opposizione, ormai le parole «pace» e «dialogo» sembrano essere state definitivamente archiviate. Sia da parte del governo che definisce «terroristi», «fascisti» e «golpisti» chi protesta, sia da parte di chi continua a scendere in piazza e a erigere guarimbas, barricate, nonostante una repressione sempre più selettiva e organizzata.
Per Karina non ci sono dubbi che a coordinare le azioni dei gruppi militari chavisti - oltre alle Ffaa bolivariane sono coinvolte anche le Guardie del Popolo – e dei paramilitari in motocicletta, i cosiddetti collettivi armati, ci sia lo zampino dei cubani.
IN MARCIA AL GRIDO DI «FUORI CUBA». Sarebbero loro i veri responsabili di gran parte delle violenze e di gran parte dei 31 morti. «Chi sparava ad alzo zero gas lacrimogeni contro di noi era un cubano, l’ho riconosciuto bene dall’accento con cui dava ordini», ha confermato a Lettera43.it un italo-venezuelano che da anni vive a Caracas. Ma Karina e il nostro connazionale non sono gli unici a essere sicuri che dietro alla repressione ci siano i fratelli Castro.
L’ultima marcia organizzata dall’opposizione, domenica 16 marzo, è stata indetta «contro la cubanizzazione delle Fanb» e aveva come slogan principale un inequivocabile «Fuori Cuba!».
«Patria, socialismo o morte» avevano invece gridato il giorno prima soldati e soldatesse dell’esercito del Venezuela chiamati a marciare da Maduro. Uno slogan coniato proprio da Fidel Castro e che dal 2007 è obbligatorio per chiunque faccia il servizio militare a Caracas. Ma slogan a parte, che i servizi segreti cubani del G2 siano un tutt’uno con il regime chavista non è una novità.


Petrolio in cambio di medici: il baratto Caracas-L'Avana
Jesús Peralta è un medico cubano di 30 anni e il martedì 5 gennaio del 2010 se lo ricorda ancora oggi: quel giorno, ha raccontato lui stesso, «sono riuscito a fare la ‘grande fuga’ dal socialismo con altri sei amici». Peralta e i suoi compagni d’avventura, tutti medici cubani che oggi vivono negli Stati Uniti, non sono però arrivati a Miami dall’aeroporto de L'Avana, ma dal Simón Bolívar di Caracas.
Da un decennio, in cambio di 110 mila barili di petrolio al giorno il Venezuela può contare su almeno 20 mila medici cubani che, ça va sans dire, non percepiscono uno stipendio vero, solo briciole. In molti se ne sono andati e, tra questi, Peralta e i suoi colleghi. «Per riuscire a prendere l’aereo per Miami abbiamo corrotto un buon numero di controllori della dogana, tutti funzionari dell’ambasciata cubana a Caracas, la cui unica preoccupazione era sapere se avevamo dollari sufficienti per corromperli». Jesùs e i suoi colleghi pagarono 5.200 dollari. Una vicenda, la loro, che dimostra come, già all’inizio del 2010, fossero agenti dell’intelligence castrista a controllare i flussi migratori del principale aeroporto venezuelano.
L'EX MINISTRO DI FIDEL ORA A CARACAS. Storia vecchia insomma, solo che adesso, oltre ai controlli dei confini ci sono le proteste. Per il Miami Herald, dietro la repressione c'è la direzione dell’intelligence dei fratelli Castro. La cosa non deve sorprendere perché già nel febbraio del 2010 il settimanale britannico The Economist aveva coniato il termine «Venecuba» per sottolineare l’unione de facto, soprattutto nei settori più sensibili, tra i due stati.
Emblema di questa ingerenza è lo storico «comandante rivoluzionario» Ramiro Valdés, primo ministro dell'Interno di Fidel dopo la revolución nonché fondatore del G2, che con la scusa della “consulenza energetica” di cui non ha alcuna esperienza passa da almeno quattro anni parte del suo tempo in quel di Caracas con un preciso compito: gestire la rete Internet venezuelana (settore di cui in effetti si occupa anche a L’Avana) e dirigere i più alti vertici militari del Paese nelle strategie di controllo delle proteste.
FUNZIONARI CUBANI A CAPO DEI COLLETTIVI ARMATI. Secondo fonti raccolte dal Miami Herald, sono una ventina gli ufficiali e funzionari cubani di alto rango che guidano addirittura dal palazzo presidenziale di Miraflores le operazioni paramilitari dei circa 1.000 uomini che compongono i 90 collettivi armati di cui dispone Maduro.
Secondo altre fonti raccolte da Lettera43.it, la centrale d’ascolto del G2 cubano occuperebbe invece l’intero nono piano dell’ex hotel Hilton che dal 2007, quando fu acquistato dal governo, si chiama Alba. Acronimo che sta a indicare l'alleanza bolivariana delle Americhe, ideata da Fidel Castro e Hugo Chávez.

Domenica, 23 Marzo 2014

www.lettera43.it/cronaca/venezuela-funzionari-di-cuba-a-capo-dei-gruppi-paramilitari_4367512...


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