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Venezuela, l'ombra di Cuba

Ultimo Aggiornamento: 31/03/2014 11:11
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31/03/2014 11:11
 
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Continuano le rivolte nel paese di Maduro. E i militanti lo accusano di aver venduto la nazione. Per il Miami Herald dietro la repressione c'è la direzione dell’intelligence dei fratelli Castro.


In Venezuela continua la rivolta. E dopo oltre 40 giorni di proteste e più di trenta morti, oltre 500 feriti e più di 1.500 arresti tra cui molti dei leader e sindaci dell'opposizione, ormai le parole "pace" e "dialogo" sembrano essere state definitivamente archiviate. Il Venezuela ha perso la sua sovranità, è la denuncia dei militanti, e le Forze Armate Nazionali Bolivariane "hanno venduto la patria di Bolívar a un colombiano che ci ha consegnati a un paese in miseria come Cuba". Il colombiano sarebbe il presidente Nicolás Maduro che l'opposizione accusa di essere nato a Cúcuta e non a Caracas.

GLI SLOGAN DI CASTRO L'ultima marcia organizzata dall'opposizione, domenica 16 marzo, è stata indetta contro la cubanizzazione delle Fanb e aveva come slogan principale un inequivocabile "Fuori Cuba!". "Patria, socialismo o morte" avevano invece gridato il giorno prima soldati e soldatesse dell'esercito del Venezuela chiamati a marciare da Maduro. Uno slogan coniato proprio da Fidel Castro e che dal 2007 è obbligatorio per chiunque faccia il servizio militare a Caracas. Ma slogan a parte, che i servizi segreti cubani del G2 siano un tutt'uno con il regime chavista non è una novità. Da un decennio, in cambio di 110 mila barili di petrolio al giorno il Venezuela può contare su almeno 20 mila medici cubani che, ça va sans dire, non percepiscono uno stipendio vero, solo briciole.

IL "VENECUBA" Per il Miami Herald, dietro la repressione c'è la direzione dell'intelligence dei fratelli Castro. La cosa non deve sorprendere perché già nel febbraio del 2010 il settimanale britannico The Economist aveva coniato il termine "Venecuba" per sottolineare l'unione de facto, soprattutto nei settori più sensibili, tra i due stati. Emblema di questa ingerenza è lo storico «omandante rivoluzionario Ramiro Valdés, primo ministro dell'Interno di Fidel dopo la revolución nonché fondatore del G2, che con la scusa della "consulenza energetica" di cui non ha alcuna esperienza passa da almeno quattro anni parte del suo tempo in quel di Caracas con un preciso compito: gestire la rete Internet venezuelana (settore di cui in effetti si occupa anche a L'Avana) e dirigere i più alti vertici militari del Paese nelle strategie di controllo delle proteste. Secondo fonti raccolte dal Miami Herald, sono una ventina gli ufficiali e funzionari cubani di alto rango che guidano addirittura dal palazzo presidenziale di Miraflores le operazioni paramilitari dei circa 1.000 uomini che compongono i 90 collettivi armati di cui dispone Maduro.


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