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L'altro "socialismo reale": Cuba e Venezuela

Ultimo Aggiornamento: 02/04/2014 09:59
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02/04/2014 09:59
 
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Quando in Europa si parla di "socialismo reale", il pensiero corre immediatamente all'URSS e al suo blocco orientale. Non si tratta solo di una questione di contiguità geografica: l'espressione stessa fu coniata nell'Unione Sovietica per legittimare la propria costruzione socio-politica di fronte alla contestazione proveniente dai comunisti jugoslavi e cinesi. In tal modo la distanza tra la concezione teorica del marxismo e la sua trasposizione pratica sovietica era giustificata con l'inevitabile mutamento dell'ideale che si fa reale.

Ma oltre al modello sovietico e alle "eresie" titoista e maoista, vi fu almeno un altro socialismo reale, che all'URSS si richiamava formalmente ma che nei fatti vi si distingueva: il socialismo instaurato a Cuba dopo la Rivoluzione del 1959. Un socialismo apparentemente debole. Confinato su una piccola e povera isola alle porte della superpotenza capitalista, gli Stati Uniti d'America, aveva fallito il tentativo d'esportare la rivoluzione nel resto dell'America Latina rimanendo isolato nell'Emisfero Occidentale. Estromesso dalle organizzazioni regionali, sottoposto a sanzioni economiche, inviso a quasi tutti i governi vicini, il socialismo di Cuba sopravviveva apparentemente solo grazie alla protezione e agli aiuti di Mosca.

È per questo che, al crollo dell'URSS, tutti o quasi si aspettavano un collasso anche del regime socialista dell'isola caraibica. Invece, pur strozzata dalle perduranti sanzioni e dal venir meno del sostegno moscovita, Cuba è sopravvissuta al cupo isolamento degli anni '90, a un processo di riforma strutturale ma non altrettanto fondamentale di quello avvenuto in Cina, e in ultimo anche all'avvicendamento al potere tra il líder maximo e storico Fidel Castro e il fratello Raul.

Lungi dal crollare, la Cuba castrista è divenuta negli ultimi anni il modello di molti nuovi governi latinoamericani. A partire da quello di Hugo Chávez in Venezuela (1999), per poi passare a Bolivia, Ecuador e altri paesi minori ancora. Senza dimenticare che pure in Argentina, Brasile e nella maggior parte dei restanti paesi latinoamericani gli attuali governi, pur non ideologicamente prossimi al castrismo, non sono più ostili alla Cuba socialista.

Fidel Castro e Hugo Chávez, legati fino alla morte di quest'ultimo da una profonda stima reciproca, hanno non poche similitudini. Una sta nel fatto che entrambi hanno preso il potere come nazionalisti populisti, non facilmente inquadrabili nelle categorie politiche europee, per poi virare al socialismo. Dopo la presa del potere Castro negò a lungo di essere socialista, e solo dopo il rifiuto degli USA d'accettarne l'avanzata politica sociale aderì esplicitamente al comunismo. Analogamente, Chávez ideò il proprio "socialismo del XXI secolo" solo nel 2005, come evoluzione dell'originario "bolivarismo", a sei anni dalla presa del potere.

Oggi che l'anziano Fidel ha lasciato il posto al fratello Raul Castro, e che al defunto Chávez è succeduto il delfino Nicolas Maduro, Cuba e Venezuela continuano a rimanere i due principali paesi a reggere il vessillo del socialismo in America Latina. I loro modelli sono controversi. Da un lato hanno raggiunto innegabili successi sociali, nella lotta alla povertà, all'analfabetismo, alla sperequazione della ricchezza; dall'altro sono accusati di illiberalismo.

L'occasione per discutere del tema sarà mercoledì 2 aprile, dalle ore 9.30, presso la Sala Lauree della Ex Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma Sapienza, la conferenza L'alternativa latinoamericana. Saranno presenti l'Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela Julian Isaias Rodriguez Diaz (già vice di Chávez) e il Consigliere Affari Politici dell'Ambasciata della Repubblica di Cuba Roger Lopez Garcia. Chi scrive sarà a dibattere coi rappresentanti diplomatici di Cuba e Venezuela e col pubblico, assieme a studiosi del primo ateneo romano (Massimo Coltrinari, Franco Fatigati, Matteo Marconi, Paolo Sellari), all'esperto dell'IsAG Francesco G. Leone e al gesuita Padre Massimo Nevola S.J., che con la sua Lega Missionaria Studenti da anni opera a Cuba.

Daniele Scalea


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