«Sopravvivo all’infarto e rinasco nella mia Cuba»

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cubanito74
00lunedì 21 aprile 2014 11:11


LIVORNO. «In Italia la mia vita era frenetica. Fatta sì di soddisfazioni, ma anche di tanto stress. Poi, nel 2011, quell’infarto che per poco non mi ha ammazzato. Da allora è cambiato tutto. Qui ci sono meno preoccupazioni, meno pensieri. Insomma: oggi basta la comida». Parola di Manolo Rizzato, livornese di 32 anni trapiantato a Cuba. Più precisamente a Cienfuegos, la “Perla del Sur”, città sulla costa meridionale dell’Isla Grande a circa 250 chilometri dalla capitale L’Avana.
Per comida, in spagnolo, si intende in generale qualcosa da mangiare. Ma nel modo di dire cubano inquadra piuttosto il classico “piatto di minestra”. Un proverbio significativo per spiegare come sull’isola si viva alla giornata. Con meno comodità, meno comfort, ma al contempo con una tranquillità che difficilmente sarebbe immaginabile per un paese dell’Europa occidentale.
Manolo si è trasferito a Cuba nel 2012. Un salto nel vuoto, fatto di poche certezze ma di tanta, tantissima determinazione. La storia del giovane livornese non è certo quella di uno sprovveduto. Al contrario: è piena di sacrifici e passioni.
Poco incline allo studio, Manolo comincia a lavorare fin da giovanissimo. Con fatica riesce a ritagliarsi un ruolo importante all’interno di una società di autotrasporti, fino a diventarne proprietario al 50%. Una vita sempre sul filo del rasoio, la sua: senza un attimo di pausa, continuamente proiettato sul domani. Ma c’è un momento in cui il tempo si ferma.
È una mattina del luglio 2011: Manolo è colto da un infarto quando si trova a bordo del suo camion. Quell’istante rappresenta il bivio della sua esistenza. La sua vita poteva finire quel giorno. Invece, da lì è ricominciata, ma in modo completamente diverso rispetto a quella precedente.
Manolo, cosa rappresenta per te l’isola di Cuba?
«Semplicemente, la salvezza. La mia Cuba è davvero differente. Mi ero innamorato dell’isola e delle persone che la popolano in un precedente viaggio, che avevo organizzato quando ancora lavoravo a Livorno. Per questo, dopo i problemi di salute, ho subito pensato a “Lei”, quando ho sentito che era il momento di vivere nuove esperienze».
Il cambiamento non dev’essere stato semplice. Prova a spiegarlo in poche parole.
«Ho venduto la mia quota della società di autotrasporti e ho iniziato l’avventura della vita. Dopo peripezie incredibili, in un paese dove la burocrazia italiana diventa roba da ridere, grazie anche alle minime liberalizzazioni approvate da Raul Castro a fine 2011, ora sono un residente permanente. Ho tutti i diritti dei cubani, tranne il voto. Da qualche mese sono riuscito ad aprire un “hostal” a Cienfuegos: camere con bagno privato, più servizio di colazione e ristorazione».
Sull’isola, oltre al lavoro, hai trovato una famiglia...
«Sì, ho conosciuto Rosabel, splendida ragazza di 22 anni, cubana, che dal gennaio 2013 è diventata mia moglie. Insieme abbiamo dato alla luce la nostra magnifica Giulia, nata il 9 novembre scorso».
Com’è stato il primo impatto con l’Isla Grande?
«Cuba è un paese incredibile, ma non è stato facile adattarsi a usi e costumi del posto. Ancora oggi, sebbene siano quasi tre anni che vivo qui in pianta stabile, mi resta un po’ difficile abituarmi alla mentalità cubana».
Tanta la differenza rispetto all’Italia?
«Enorme. Sono passato da un paese capitalista e consumista come il nostro a uno comunista al 100%. Un cambio radicale. In Italia, ma più in generale in Europa, siamo abituati a vivere una vita movimentata, piena di pensieri, spesso di tipo economico. Una vita in cui tutto deve essere programmato. Insomma: una lotta contro i soldi che non sono mai abbastanza e contro il tempo che non è mai sufficiente. A Cuba invece la vita è vissuta con molta più calma, con molti meno pensieri: si ha più spazio per la famiglia e per noi stessi».
Ma avrai pur dovuto rinunciare a qualche comfort…
«Questo sì. Certamente non abbiamo le stesse comodità dell’Italia. Ma allo stesso tempo non ci sono le preoccupazioni di scadenze di mutui e bollette. Qui basta la comida, il resto viene da sé. Io fino a trent’anni ero “inquadrato” nel modello occidentale. Avevo una casa mia, una bellissima moto, una macchina lussuosa. Vivevo senza il minimo problema economico. E la ditta dava ottimi risultati».
...eppure hai deciso di ricominciare da zero in un paese semisconosciuto. Perché?
«La risposta è semplice: perché ho capito che il tempo vale più di qualsiasi altra cosa. In Italia avevo tutto, ma non il tempo per me stesso e non avrei avuto il tempo che io credo sia necessario per la mia famiglia. Qui a Cuba non guadagno quanto in Italia e non ho le stesse comodità, però sto con la mia famiglia 24 ore al giorno e vivo una vita molto più tranquilla, ricavando grandi spazi per le mie passioni».
Insomma, non sei affatto pentito della scelta.
«E perché dovrei? Gestisco un’attività in una delle migliori zone di Cienfuegos, all’interno di una struttura enorme, che in Italia costerebbe milioni di euro. Il lavoro non darà ricavi paragonabili a quelli di una società italiana, ma facendo le giuste proporzioni con il tenore di vita cubano, mi permette di vivere al di sopra della media. Con i soldi che ho investito per iniziare questa esperienza e comprare la nostra casa, a Livorno non ci avrei acquistato nemmeno un garage...».
Non hai mai avuto problemi con gli abitanti del luogo?
«Assolutamente no. A differenza di quello che pensano in molti, Cuba è il paese più sicuro di tutti quelli dell’America Latina. Gli stranieri vengono accolti in maniera perfetta, qui si può girare di giorno e di notte senza alcun tipo di pericolo. Insomma, sull’isola ho trovato la mia dimensione: un paese sicuro, con un livello di vita eticamente e moralmente alto, ma basso nei consumi, dove i miei pochi risparmi iniziali valevano qualcosa e mi hanno permesso di iniziare una nuova vita».
Scegli la cosa che ami di più e quella che apprezzi di meno della vita cubana.
«Mi piace tantissimo il “sano ottimismo” che si respira sull’Isla Grande. Qui c’è sempre il sole; quando il tempo è brutto, ma proprio brutto, ci sono 23 gradi. Il clima ti aiuta a guardare il mondo col sorriso. Inoltre è raro veder litigare qualcuno: c’è molta uguaglianza, sia economica che sociale, perciò è difficile essere invidiosi l’uno dell’altro. Il problema più grande, invece, specie per uno “straniero”, è la comunicazione. Il telefono costa tantissimo, circa 2 euro al minuto. E Internet negli appositi locali non sempre funziona».
La cosa che ti manca di più?
«Senza dubbio la mia cara famiglia. E poi gli amici. Ma quando si fa una scelta così importante dobbiamo essere disposti a sacrificare qualcosa. Io ho dovuto rinunciare alla mia famiglia, la cosa più importante che avevo. Tutto ciò che sono lo devo ai miei genitori: sicuramente senza il loro appoggio non avrei potuto completare il mio sogno».
Loro come hanno reagito alla tua decisione di andartene dall’Italia?
«In un modo fantastico. Sono riusciti a non farmi pesare il dolore che sentivano, ma anzi hanno cercato di aiutarmi, sorreggendomi nella mia scelta. Per me è stato un gesto importantissimo che non scorderò mai. Spero di essere un genitore come loro quando mia figlia sarà grande. La mia famiglia è lontana, ma la porto sempre nel mio cuore».
Vuoi approfittare di questa occasione per salutare qualcuno in particolare?
«Mando un abbraccio a tutti coloro che mi conoscono. Voglio ricordare agli amici del circolino di Stagno che mi mancano tanto e che non vedo l’ora che qualcuno venga a trovarmi. E ai miei concittadini livornesi dico che sarebbe un onore ospitarli a Cuba. Chi volesse contattarmi può scrivermi alll’indirizzo mailhostalgardeniablanca@gmail.com, oppure visitare il sito www.hostalgardeniablanca.com o ancora la pagina Facebook “hostalgardeniablanca”. Un saluto a tutti o, come diciamo qui, Hasta luego!».


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