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Corruzione:l’Italia migliora, ma è ancora dietro Arabia Saudita e Cuba

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2013 16:48
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04/12/2013 16:48
 
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L’Arabia Saudita è il paese dove la legge islamica (la Shari’a) impera e vieta alle donne di guidare, uscire senza essere accompagnate da un uomo e membro della famiglia, Cuba è l’isola caraibica dove il comunismo castriano domina la scena istituzionale da oltre mezzo secolo. Ebbene, questi paesi – almeno in termini di corruzione – sono migliori dell’Italia, secondo quanto svela il recente report di Transparency International, una Ong che si batte per la lotta alla corruzione nel mondo. Il nostro paese, rispetto al 2012, guadagna quattro posizioni in classifica e dal 72° posto si piazza al 69°, un risultato «finalmente in controtendenza dopo anni consecutivi di costante peggioramento», secondo quanto si legge nel comunicato di presentazione del report. Si tratta in ogni caso di una vittoria di Pirro, considerando i dati statistici che vedono sopra l’Italia paesi come Montenegro, Macedonia, Giordania e Ghana, che per varie ragioni – sociali e istituzionali – non possono considerarsi come veri e propri campioni di democrazia. Riducendo il raggio alla sola Europa, la “prestazione tricolore” diventa ancor più drammatica, con la Germania al 12° posto e la Francia al 17°. Una sorta di nuovo, ennesimo e inglorioso spread che confina l’Italia in posizioni vicine a quelle di Bulgaria, Grecia e Romania, che oscillano tra la 77° e l’80° posizione.

A farla da padrone in questa graduatoria, ovvero a occupare i posti che spettano alle nazioni con il maggior indice di percezione della corruzione, sono – manco a dirlo – le socialdemocrazia dell’Europa del Nord, che vedono primeggiare l’intera macroregione scandinava: Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia sono infatti le nazioni dove la corruzione è minore, e ciò non stupisce affatto, considerando i livelli di crescita e le enormi tutele sociali che coinvolgono questo vero e proprio “paradiso europeo”. A fare da contraltare sono Afghanistan, Corea del Nord e Somalia, che con un indice di 8 su 100 si piazzano ex-aequo in fondo alla classifica. Torniamo a giocare in casa: la presidente di Transparency International Italia, Maria Teresa Brassiolo, ha sottolineato che l’inversione di tendenza registrata nell’indice da parte del Bel Paese era attesa, in quanto «si sono compiuti molti sforzi strutturali per migliorare la trasparenza e l`integrità del settore pubblico, a partire dal decreto 150, fino alla legge anticorruzione 190 e agli ultimi decreti sulla trasparenza e l`accesso civico». Per la Brassiolo, inoltre, «il trend positivo è maggiormente visibile dai dati del Global Corruption Barometer 2013 che ci ha portati almeno a pari merito con Francia e Germania, in taluni segmenti anche meglio». L’organizzazione non governativa ricorda che, già da tempo, sono in atto iniziative e campagne di denuncia sociale e di sensibilizzazione, affinché il fenomeno correttivo, che non è fatto di sole bustarelle passate sotto i banchi della politica e delle istituzioni, venga maggiormente percepito dalla popolazione. Per Davide Del Monte, che per Transparency International Italia si occupa di gestione dei progetti, «le ore perse in coda nel traffico per lavori in corso che non finiscono mai, le interminabili attese per un esame sanitario, le inarrivabili cattedre universitarie occupate dalle stesse famiglie, i percorsi di carriera lavorativa basati sulle giuste conoscenze invece che sulle migliori competenze», sono tutti segnali evidenti della corruzione, e di un sistema malato che è necessario e doveroso combattere insieme, per tornare a crescere, e sviluppare finalmente una percezione positiva dell’apparato statale da parte dei cittadini e degli osservatori esteri. La corruzione, infatti, blocca gli investimenti europei e internazionali, riducendo sensibilmente le altrimenti importanti possibilità di crescita da parte dell’Italia.

Stefano Maria Meconi


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